In preda al “blocco dello scrittore”, nell’arco di una sola settimana, Irene si lascerà coinvolgere in tutta una serie di avvenimenti tragicomici che la porteranno a scoprire l’essenza stessa della vita. Assieme a Beatrice, Otilia, Adele, Ornella, Pervinca, Simona, Geronimo, Gualtiero e tanti altri esseri umani (e un bel po’ di gatti!) si troverà infatti “presa” in una rete di comunicazione vera e socialità reale che la faranno sentire davvero viva. È un romanzo che ci aiuta a capire quanto la nostra vita possa essere profondamente social anche senza Facebook, Instagram, LinkedIn, ecc. https://www.amazon.it/vita-piazza-Maria-Concetta-Distefano/dp/8897032826
sabato 26 settembre 2020
La vita in piazza
venerdì 17 aprile 2020
venerdì 13 marzo 2020
martedì 4 febbraio 2020
"L'italiano è razzista". "L'italiano è diventato razzista". "L'italiano è
sempre stato razzista nel suo intimo ma oggi la paura dell'immigrazione
africana lo spinge a abbandonare la sua timidezza e a trasformarla in
sfrontatezza". Può darsi, tuttavia, per accettare questo insulto (perché
deve esser chiaro che esser chiamato razzista è tale...) ci si deve per
forza di cose riferire al senso più profondo e specifico di tale
vocabolo/epiteto. Si legge su Wikipedia: "Il termine razzismo nella sua
definizione più semplice si riferisce a un'idea, spesso preconcetta e
comunque scientificamente errata, come dimostrato dalla genetica delle
popolazioni e da molti altri approcci metodologici, che la specie umana
(la cui variabilità fenotipica, l'insieme di tutte le caratteristiche
osservabili di un vivente, è per lo più soggetta alla continuità di una
variazione clinale) possa essere suddivisibile in razze biologicamente
distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, valoriali,
etiche e/o morali, con la conseguente convinzione che sia possibile
determinare una gerarchia secondo cui un particolare, ipotetico,
raggruppamento razzialmente definito possa essere definito superiore o
inferiore a un altro". Possiamo quindi dedurre in linea di principio che
per esser considerati razzisti occorre la convinzione che esistano
delle razze per cui è possibile suddividere il genere umano e che alcune
di queste siano superiori alle altre. Poniamo che l'italiano si
consideri una razza anziché un agglomerato di cittadini formato da etnie
differenti. A questo punto, analizziamo le frasi "torna al tuo Paese" o
"prima gli italiani" come figlie della convinzione che l'italiano si
senta superiore geneticamente alla persona che intende discriminare. Se
si ritiene un ceppo genetico dominante su un altro non ci può essere un
limite geografico allo stesso. Lo ha dimostrato la Germania nazista e la
sua politica di allargamento dei confini del terzo Reich (e cioè il
terzo Impero), nonché la considerazione che la razza ariana fosse
superiore. Lo stesso Hitler, suggerisce sempre Wikipedia, "descrisse gli
slavi come una massa di schiavi nati che sentono la necessità di un
padrone e dichiarò che, essendo gli slavi dei subumani, a loro non erano
applicabili le convenzioni di Ginevra: durante la seconda guerra
mondiale, quindi, i soldati tedeschi vennero autorizzati a ignorare del
tutto le Convenzioni per quanto riguardava gli slavi. Hitler li chiamò
anche una grande famiglia di conigli, il che significava intrinsecamente
inattivi e disorganizzati". Ora, io mi chiedo se qualcuno è in grado
anche solo di pensare che gli italiani (razzisti come vengono dipinti)
sono assolutamente convinti di far parte di una razza superiore e,
soprattutto, riconoscano negli altri italiani una sorta di fratellanza
genetica. No. Scusatemi ma è proprio qui che mi dissocio completamente
dagli insulti che piovono sul Belpaese. Se proprio si vuole
generalizzare bisogna avere il coraggio di affermare che l'italiano, per
la maggior parte, è maleducato, polemico, riottoso, anche stupido ma,
mi si permetta di dirlo a voce alta, NON RAZZISTA. Sono assolutamente
convinto che se riuniamo 10 italiani nello stesso posto litigheranno tra
loro per lo sport, la politica, la religione, il modo di coabitare e
quant'altro e questo, a maggior ragione, non può esser considerato un
simbolo di strisciante razzismo. Paura? Sì. Maleducazione? Sì.
Sciatteria? Sì. Superficialità? Sì. Questo elenco dei difetti degli
italiani e della società che hanno creato fino a oggi può continuare
all’infinito con l’aggiunta di epiteti più o meno ingiuriosi ma, mi si
permetta di esprimerlo con una punta di soddisfazione, non si può
aggiungere anche il razzismo. Una terra come quella italiana, da sempre
crocevia di etnie e culture differenti, non può esser paragonata ad
altre che hanno sempre e solo visto le stesse famiglie perpetuare il
predominio sugli altri del loro albero genealogico nella Storia.
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